Disciplinato dall’art. 250 e ss c.c., il riconoscimento è un atto personalissimo, unipersonale e irrevocabile che non può essere assoggettato né a termine né a condizione. E’ inoltre un atto spontaneo e può essere effettuato dal padre e dalla madre, tanto congiuntamente quanto separatamente, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento. Il genitore che abbia compiuto il sedicesimo anno di età necessita della previa autorizzazione del giudice, valutate le circostanze e avuto riguardo dell’interesse del figlio.
Qualora uno dei genitori intenda riconoscere il figlio è necessario l’assenso del figlio che abbia compiuto il quattordicesimo anno di età. Se il figlio ha invece meno di quattordici anni, è necessario il consenso del genitore che per primo lo ha riconosciuto, anche se tale genitore sia stato sospeso dall’esercizio della responsabilità genitoriale. Il consenso deve necessariamente essere preventivo o contestuale al riconoscimento, mentre l’assenso del figlio può essere anche successivo.
Il consenso al riconoscimento da parte del genitore che lo ha per primo riconosciuto non può essere rifiutato laddove il riconoscimento risponda all’interesse del figlio. Se vi è opposizione decide il tribunale ordinario del luogo di residenza abituale del minore su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il figlio infradodicenne (o di età inferiore se ha capacità di discernimento) in contraddittorio con il genitore che si oppone al riconoscimento e con l’intervento del p.m.
Nel corso del procedimento il Tribunale può assumere provvedimenti provvisori ed urgenti per far sì che fra il genitore e il figlio si instauri una relazione.
Può essere riconosciuto anche il figlio premorto, a norma dell’art. 255 c.c.; mentre, secondo l’art. 251 c.c., il figlio nato da un rapporto incestuoso, cioè tra persone tra loro legate da vincolo di parentela in linea retta all’infinito ovvero in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto solo previa autorizzazione del giudice, se minore, avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
Controversa è la possibilità di riconoscere il figlio nato morto; a favore della tesi possibilista vi è l’assenza di un divieto nella norma e il carattere anche soltanto morale del riconoscimento.
Il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, invece, può essere fatto nell’atto di nascita, oppure con apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti all’ufficiale dello stato civile, oppure in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo.
Una disciplina particolare è riservata al riconoscimento per testamento: secondo l’art. 256 c.c. il riconoscimento in questo caso assume efficacia dal momento della morte del testatore, anche se il testamento è stato successivamente revocato.
Il riconoscimento produce effetti sin dalla nascita del figlio e non dal momento in cui viene effettuato, poiché la responsabilità genitoriale è subordinata al fatto stesso della procreazione. Il genitore assume dunque nei confronti del figlio tutti i doveri e tutti i diritti che derivano dal rapporto di filiazione.
Il figlio riconosciuto assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto, mentre, se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, il figlio assume il cognome del padre. Se il riconoscimento da parte del padre è fatto successivamente a quello della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre. Al riguardo decide il figlio se maggiorenne, altrimenti, se minorenne, è il Tribunale a decidere circa l’assunzione del cognome del padre, valutando l’interesse del minore a mantenere il cognome come segno dell’identità acquisita oppure perché il cognome paterno possa recargli pregiudizio.
Quanto all’impugnazione del riconoscimento, la domanda presuppone la dimostrazione della assoluta impossibilità che il soggetto che ha effettuato il riconoscimento sia il padre biologico del soggetto riconosciuto come figlio. La prova può essere data con ogni mezzo, anche per presunzioni e mediante accertamento genetico o ematologico.
Il procedimento prevede l’ascolto del minore infradodicenne, se capace di discernimento ex art. 262 c.c., e si conclude con decreto irrevocabile e non modificabile.
L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio, mentre per gli altri legittimati l’azione è soggetta ad un termine annuale di prescrizione decorrente dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita o dal diverso successivo momento in cui si dimostri di aver avuto conoscenza dell’impotenza del padre. In ogni caso non è ammessa impugnazione oltre il termine di cinque anni dalla nascita del figlio.
Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto o da chiunque vi abbia interesse. L’impugnazione può avvenire anche per violenza dall’autore del riconoscimento entro un anno dal giorno in cui la violenza è cessata oppure, se minorenne, entro un anno dal compimento della maggiore età.
Altro motivo di impugnazione è l’incapacità dovuta ad interdizione giudiziale. Legittimato in questo caso è il rappresentante dell’interdetto e, dopo la revoca dell’interdizione, l’autore del riconoscimento entro un anno dalla revoca.
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