La promessa di matrimonio è la dichiarazione con cui due soggetti si impegnano a convolare alle nozze. Tuttavia, la natura non vincolante dell’impegno esclude l’insorgenza di un obbligo in capo ai promessi sposi, proprio come stabilisce l’art. 79 c.c., dal momento che la libertà matrimoniale deve essere salvaguardata fino alla pronuncia del “sì”.
Anche se nel linguaggio comune si tende a identificare la promessa di matrimonio con il fidanzamento ufficiale, fra di essi sussiste una differenza importante: mentre il fidanzamento ufficiale, spesso caratterizzato dallo scambio dell’anello di fidanzamento, non prevede adempimenti e possiede una valenza esclusivamente morale, la promessa di matrimonio viene effettuata in maniera solenne, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, tanto da farla coincidere spesso con le pubblicazioni, dunque con adempimenti di natura giuridica che rappresentano il primo step burocratico delle nozze.
Per effettuare le pubblicazioni, e dunque la promessa di matrimonio in maniera “solenne”, basterà presentarsi al Comune di residenza di uno dei futuri sposi con i documenti di identità. Non è necessario presentarsi in due; potrà infatti presentarsi anche uno solo dei fidanzati purché munito di documento e delega dell’altro, o persino una terza persona con delega e documenti.
Una volta acquisiti i documenti necessari, gli incaricati comunali provvederanno ad affiggere le pubblicazioni presso il Comune o i Comuni di residenza di entrambi i futuri coniugi per 8 giorni consecutivi, in modo da venire a conoscenza di eventuali cause di impedimento al matrimonio.
Decorsi quattro giorni dalla scadenza del termine, l’ufficiale di stato civile, in assenza di opposizioni, rilascerà il nulla osta e i nubendi potranno convolare a nozze entro 180 giorni, pena l’invalidità dei documenti.
Ma cosa succede in caso di rottura della promessa di matrimonio?
Dal momento che la promessa di matrimonio non obbliga a contrarre matrimonio, in caso di rottura si potranno soltanto chiedere, entro un anno, la restituzione dei doni e il risarcimento dei danni.
Quanto alla restituzione dei doni (art. 80 c.c.), essa può avvenire anche in caso di promessa semplice, ossia in caso di fidanzamento ufficiale non seguita da pubblicazioni, non è rilevante il motivo della rottura e ha ad oggetto le donazioni cd. prenuziali, fatte cioè in occasione della promessa.
Per quanto riguarda invece il risarcimento dei danni, previsto espressamente dall’art. 81 c.c., esso è consentito solo in caso di promessa solenne e consegue ad un comportamento colpevole o ad un rifiuto ingiustificato di contrarre matrimonio. Oggetto del risarcimento è il solo danno materiale, dunque le spese fatte e le obbligazioni contratte a causa della promessa, con esclusione pertanto dei danni morali e dei cd. danni indiretti, ossia i mancati guadagni.
Ai fini della quantificazione del danno rilevano non solo le condizioni economiche di colui che si è reso responsabile della rottura, ma anche l’utilizzabilità dei beni e la loro utilità economica in capo al nubendo non inadempiente.
Poiché le spese del matrimonio sono generalmente affrontate dalle famiglie degli sposi, la dottrina è conforme nel riconoscere anche ad esse il diritto al risarcimento.
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