Ai sensi dell’art. 143 c.c., con il matrimonio i coniugi acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri.
In primo luogo troviamo dunque il principio di eguaglianza, che determina una posizione di parità fra marito e moglie nell’assumere decisioni sulla vita familiare. Solo in caso di disaccordo, ai sensi dell’art. 145 c.c., si potrà ricorrere al giudice per risolvere le controversie.
Gli obblighi reciproci che nascono dal matrimonio sono la fedeltà, l’assistenza morale e materiale, la collaborazione nell’interesse della famiglia e la coabitazione.
L’obbligo di fedeltà non deve essere inteso solo come astensione dai rapporti sessuali con persona diversa dal coniuge, dal momento che la giurisprudenza ha riscontrato una violazione anche, ad esempio, nell’intrattenere una relazione platonica o priva di contatto fisico con l’altro/a.
Quanto all’obbligo di assistenza morale e materiale, esso si identifica con la necessità che i coniugi vengano incontro alle reciproche esigenze sia di natura morale che di natura materiale; così come l’obbligo di collaborazione consiste nell’impegno reciproco alla cura e alla gestione, non solo economica, del nucleo familiare in proporzione alle proprie capacità di lavoro professionale e casalingo.
Dal matrimonio discende poi l’obbligo di coabitazione “sotto lo stesso tetto”, ossia nel luogo scelto di comune accordo dai coniugi da adibire a residenza familiare.
E’ importante sottolineare che in verità tali obblighi non rivestono natura giuridica, in quanto derogabili dalle parti e pertanto non sussiste alcuna possibilità di un soddisfacimento coattivo. In altri termini, la loro violazione può solo rilevare ai fini di una eventuale domanda di addebito della separazione e in alcuni casi per la richiesta di risarcimento dei danni. La separazione può essere infatti addebitata al coniuge che si sia reso responsabile della crisi coniugale per effetto della violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, con conseguente perdita del diritto al mantenimento e dei diritti successori.
Ma la violazione dei doveri coniugali può anche determinare una lesione di interessi costituzionalmente garantiti e dunque comportare una responsabilità risarcitoria in capo al coniuge inadempiente valutata sulla base della gravità della condotta tenuta.
La violazione del dovere di fedeltà, ad esempio, non comporta di per sé il risarcimento del danno non patrimoniale; ciò accade solo se tale violazione comporta una lesione della dignità del coniuge “tradito”.